Mettiamoci per un istante, nei panni di una gazzella che in una fresca alba equatoriale ode a due passi da sé uno scricchiolio tra gli alti arbusti della savana. Improvvisamente l’attenzione diventa acuta, la memoria ripercorre quanto appena udito per confrontarlo con esperienze passate. Cosa è stato? Il cuore batte all’impazzata, il respiro si fa rapido. Tutto, intorno e dentro, resta sospeso, ogni attività può attendere: il segnale di allarme rosso si è acceso. I muscoli sono tesi e tremano come la corda di un arco con la freccia pronta a scoccare. Tutti i sensi sono alla ricerca di ulteriori indizi: gli occhi spalancati a far entrare più luce spiano nella penombra, il naso aspira ripetutamente per cogliere mutamenti di odori. Un altro scricchiolio, più vicino, e l’arco scocca, I muscoli riforniti di sangue abbondante e di ossigeno si scaricano in una corsa disperata.
Dal perfetto funzionamento del sistema di allarme e dall’efficacia della corsa dipenderà la sopravvivenza della gazzella che ha iniziato così la sua giornata, braccata da una leonessa. La gazzella deve la sopravvivenza alla sua paura che le ha consentito di avvertire il pericolo incombente e di reagirvi prontamente. L’evoluzione ha selezionato le gazzelle paurose premiandole con la sopravvivenza e dando loro una discendenza numerosa. Le gazzelle tranquille sono finite ad alimentare la discendenza dei leoni e di loro non si ha più traccia. Tra tutte le emozioni, la paura e la sua sorella evoluta, l’ansia, sono certamente le più studiate fino al punto di aver identificato minuziosamente i circuiti cerebrali della paura, le aree cerebrali interessate, i gruppi di neuroni, le sinapsi e i neurotrasmettitori coinvolti: la paura non ha più segreti!
Il motivo del grande interesse per questa emozione risiede certamente nella sua estrema diffusione: uomini e animali sperimentano evidentemente paura e lo fanno piuttosto spesso. La paura ci segnala un pericolo e ci prepara a metterci in salvo. Tra tutte le emozioni è forse quella più “basica”, la più automatica, quella che meno necessita di una mediazione cognitiva e quando viene attivata finisce per prevalere su tutte le altre. La paura è, dunque, per la sua importanza una emozione tiranna, ma per il fatto di accomunare più o meno tutti i viventi, è anche l’emozione più democratica.
La paura è costituita da tre diverse componenti: il vissuto soggettivo di timore, i cambiamenti fisiologici dell’organismo, il tentativo di fuga o evitamento della situazione minacciosa.
Dal punto di vista della teoria degli scopi, sperimentiamo paura ogni qual volta percepiamo o ipotizziamo una minaccia a un nostro scopo. Tanto più lo scopo sarà importante e tanto più intensa sarà la paura: diversa sarà la paura di morire dalla paura di scottarsi un dito, dalla paura di essere bocciato a un esame, dalla paura di non fare in tempo a prendere il treno.
La paura è dunque una emozione rivolta al futuro. La minaccia non si è ancora realizzata, lo scopo non è stato ancora compromesso, insomma l’evento temuto non si è ancora verificato. La paura ha dunque un compito che potremmo definire preventivo. Essa dispone l’organismo a reagire prontamente per evitare che il possibile pericolo si concretizzi, la minaccia si realizzi e uno scopo importante sia compromesso. La paura è dunque una sorta di sentinella e guardia dei nostri scopi più importanti e tra questi primariamente quelli legati alla concreta sopravvivenza fisica, una sentinella che scruta attentamente l’ambiente e non appena percepisce o ipotizza un pericolo attiva tutto l’organismo a reagire.
L’esperienza del panico, che altro non è che la più pura, semplice e intensa manifestazione di paura, ha profonde radici nelle origini della storia dell’uomo. Il mito racconta che Pan, dio burlone della natura, fosse di aspetto davvero orripilante e avesse la cattiva abitudine di manifestare il suo disappunto, per essere stato disturbato dal passaggio di un viandante durante la sua siesta, emettendo un terribile urlo. L’urlo del dio era davvero così terrificante e soverchiante da spaventare a morte i passanti. Ma, a testimonianza dell’entità del terrore provocato dall’improvviso urlo, va detto che anche gli altri dei non erano risparmiati dalla terribile esperienza.
L’attacco di panico dal punto di vista sintomatologico, in altro non si concretizza se non nel vero e proprio corteo dei sintomi della paura. La fisiologia umana può ben spiegarci il meccanismo di formazione dei sintomi, essendo essi legati al corteo fenomenico che accompagna l’attività del sistema simpatico (adrenergico).
Ma che cos’è l’attacco di panico?
È un periodo di paura o disagio intensi durante il quale quattro o più dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti:
- Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia
- Sudorazione
- Tremori fini o a grandi scosse
- Dispnea o sensazione di soffocamento
- Sensazione di asfissia
- Dolore o fastidio al petto
- Nausea o dolori addominali
- Sensazioni di sbandamento, instabilità, testa leggera o svenimento
- Derealizzazione o depersonalizzazione
- Paura di perdere il controllo o di impazzire
- Paura di morire
- Parestesie (sensazioni di torpore o formicolio)
- Brividi o vampate di calore
Gli attacchi di panico sono un’esperienza piuttosto comune: circa il 20% delle persone adulte sperimenta almeno una volta nella vita una crisi di panico!
Sono in sé e per sé un sintomo aspecifico, in quanto possono essere associati a diversi tipi di patologie, sia di tipo organico (ad esempio ipertiroidismo, ipoglicemia, sindrome da prolasso della valvola mitralica, sindrome di Cushing), sia di tipo psichico (altri disturbi d’ansia, disturbo delirante).
Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, ma è perché non osiamo che sono difficili.
SENECA
Dott.ssa Lorella Fornaro
Psicologa e Psicoterapeuta
Responsabile del Centro Aidap di Parma
Specialista nella cura dei Disturbi dell’Alimentazione e dell’Obesità